DE RERUM NATURA * Promenade poetica

 

LENTIAI-3

Promenade poetica a cura dei
POETI AlterNATIVI BELLUNesi

Un pomeriggio di poesia
dedicata a Madre Natura,
l’Uomo e la Terra

*

Sabato 16 maggio
ore 17.00
presso il giardino
della SOMS

*

INGRESSO LIBERO

 

 

 

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RIN**CORRI*FELTRE**IN*POESIA

 

CORRI FELTRE-tris

 

DOMENICA, 26 MAGGIO

a FELTRE

loc. Pra’ del Moro – Palaghiaccio

ore 10:00 – 11:30

 

Nell’ambito della 14.a “CORRI FELTRE”,
la grande manifestazione feltrina – evento ludico-sportivo,
ma anche GIORNATA della SALUTE
i POETI AlterNATIVI BELLUNesi apporteranno
il loro piccolo contributo…
di POESIA, ovviamente… ma non solo!

 

Leggeremo a ruota libera poesie sui temi più svariati,
secondo il nostro umore, il tempo che farà e…
il nostro PUBBLICO, più o meno attento o distratto! 😉

 

Saremo presenti a sostegno delle maggiori organizzazioni di volontariato e solidarietà della Salute, tra le quali AIDO, AIL, ADMO, AVIS-FIDAS, ANED, MANO AMICA ed altre.

 

Speriamo di vedervi numerosi a FELTRE!!
Anche se non correrete, con la Poesia saremo tutti vincitori!

 

A presto!

 

i Vostri POETI AlterNATIVI BELLUNesi

 

POETI BL - logo small

 
 

Qui potete trovare la locandina della manifestazione:

www.belledolomiti.it/

 

Sulla pagina di facebook potete dare la vostra adesione
all’evento, o almeno lasciarci un saluto o un incoraggiamento:

www.facebook.com/events/

 

 

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“LA PAROLA … E IL SILENZIO!” * POESIE in ANTEPRIMA

 

Silenzio

 

POESIE di GIANNI

 
 
 

Parole Rovinate

Vomita un fiume di parole
senza dar segno di volerla finire.
Le parole sono così stufe
di venir pronunciate
che perdono il proprio significato,
come una giacca lasciata
sbadatamente
su una panchina dei giardini.
Parla, parla e ancora parla;
i discorsi sono sempre quelli.
Sono imprigionato in una rotonda:
qualcuno mi aiuti, maledizione!
Mi gira la testa,
soffro il mal di macchina, cavolo!
Ma non accenna a smettere.
Parla, parla e ancora parla.
Continua senza dar segno di cedimento;
è un inarrestabile vomitarsi addosso,
una montagna senza vetta
di involucri vuoti.
Pagassero un tanto a parola,
arriverebbe in elicottero
e direbbe a tutti di stare all’occhio,
ché è lui che paga gli stipendi.
Parla, parla e ancora parla.
Io faccio solo sì con la testa,
al massimo mormoro lettere a caso,
distrattamente,
come chi è stufo di tutto
in un posto dove c’è di tutto.
C’è di tutto qui, davvero,
e a tutto c’è un limite,
anche alla tortura delle mie orecchie
e di quelle povere parole,
alcolizzate dalla disperazione:
– SILENZIO! –

 
 
 

Divi Del Muto

C’è del trambusto
lungo via Mezzaterra.
Siamo figli di uno spasmo collerico,
inghiottiti nel nulla più assoluto.
Coltiviamo il nostro orto,
fatto di cupi minareti
alla memoria di parole non dette,
di emozioni non rivelate.
Abbiamo l’ardire di puntare il dito
verso l’eclissi di mezzogiorno,
ma non alziamo lo sguardo
oltre il recinto di quel che siamo.

Sanguisughe in fila per tre.

Frammenti di fiato
sparsi su un tavolo imbandito,
per cullare un nonsenso
senza precedenti.
Pretese caramellate,
para-pendii per voli pindarici
che si concludono
in un sol boccone.
Abbiamo la forza di sbraitare
alla pallida falce di luna,
ma non riusciamo a cantare
la canzone di quel che siamo.

 
 

Copyright © 2013 Gianni Carlin

 
 
 

 
 
 

POESIE di ANNARITA

 
 
 

Il tempo delle parole

C’è stato un tempo delle parole
che ci esalavano dalla pelle
a profumare il nostro spazio segreto,
a riempire il cielo di sospiri
e voci, ché il silenzio non bastava
ed era di veglia la notte, tra i sussurri
delle lenzuola e gli scricchiolii
del tetto a ricordarci i peccati
commessi e quelli a venire.
C’è stato un tempo delle parole
come erbe di primavera
a rameggiarci dal cuore le gioie
e i dolori, primizie di stagione
e antiquariato da soffitta.
C’è stato un tempo delle parole
a modulo continuo e senza
interruzione di pagina,
una tipografia del pensiero
assidua e irriverente
a reclamare la pausa caffè
e le ferie non godute.
Adesso che la mia pelle tace
sotto uno strato di polvere,
mentre il prato sfiorisce le ore
e il rullo s’inceppa tra colpi di tosse
e singhiozzi d’inchiostro,
rivedo quelle parole e tutte le altre
che non ci siamo scambiati
per mancanza di volontà,
ed è come se il cielo triste
piangesse le sue stelle perdute
nella notte di San Lorenzo.

 
 
 

Consumo parole la notte

Consumo parole la notte
che svaniscono al sole
perché il giorno
non le vuole sapere.
Mi vengono a cercare,
amanti sfrontate
che non sanno tacere
e danzano al buio
coi loro piedi scalzi
a cancellare ogni traccia
di quel passaggio smanioso.
Così nel sonno frequento
tormentati labirinti
di sabbia e pensieri
e combatto un lungo assedio
di amore e peccato.

 
 
 

Metto un punto

Metto un punto nella mia vita
che sia l’inizio del segno,
l’incontro del silenzio
con la voce della parola,
del gesto inatteso
a raccontarmi il dentro
quello che non appare
che non traspare
se non ad uno sguardo
che mi legga oltre
attraverso la mia presenza
indeterminata, incompiuta.
Metto un punto nella mia vita
che sia la fine del segno
l’incontro della voce
con lo stridore del silenzio,
del nulla atteso
del vuoto dopo, del sottovuoto
quello che non compare
che non dispare
che non esiste.

 
 

Copyright © 2013 Annarita Capraro

 
 
 

 
 
 

POESIE di GIORGIO

 
 
 

VIA BONI 51

La luce che cade
il fiore che sale
la folla, le mani,
non ho più rimedi
non scappare, rimani

“A che sta pensando?
E per non pensare, che fatica!
E il suo pene in naftalina?
A cosa pensa, mi dica”

Non vedo, non sento
ho solo un ricordo
vorrei naufragare
quanta fatica
mia madre ha paura
non vedo, non parlo
c’è qualcosa che si avvicina
tra il ricordo di un furto
e l’orgasmo della vicina

“A cosa pensa? Mi dica, mi parli
è arrabbiato con me?
Che grossa paura
stabiliamo un rapporto
stabiliamo una cura…”

Mi ricordo i silenzi
affilati a punizione
mi ricordo un bambino
fuggito sotto il letto
mi ricordo un Natale
senza i piatti della festa
mi ricordo che piangevi
se aprivo la porta.

 
 
 

EBBENE SÌ, LA LUNA

Io poi di te
non vorrei s/parlare

ma su di te mi fai inventare

distorta luna
gelo tra luna e luna e

scontata luna
su di te, scontato masso
luna culla
nel mio perdono

non voluta e involuta luna
luna violata
ali di fata

luna esatto crisantemo
luna estratto di sereno

tu per tutti e
tu lenzuolo
tu nel rigo
filo d’oro

 
 
 

TUT, SOLCHE

Tut, solche,
al scampa via
sot sto cielo che se fà fun
tél fun pers de la nòt
tel fil pers de la nòt
tel sbaregar lontan
de la nòt

cossa ne saralo sucess
l’era apena dó sere fa,
me pense, l’era apena an an fa
e tut al par desfarse
tra le ombrie che se zherca
par far an zhest
de tuta ‘sta not

cossa saralo stat
a penderne fin te l’ór de ‘sto dì
a farne tocar par davero
‘sta piova fissa da sempre
intant che ‘ste man bianche
se sporca de inchiostro
e tut, solche,
scampa via

 
 

Copyright © 2013 Giorgio Roncada

 
 
 

 
 
 

POESIE di LORELLA

 
 
 

A BECCO CHIUSO

Le zampe non fanno presa
troppo soffici le nuvole

le ali non sollevano
in mancanza d’aria.

A becco chiuso graffio
la porta del Paradiso.

La Poesia è un modo di tacere
di essere
di pregare.

 
 
 

PRONTA A SVISCERARE

Stringo le mascelle – vescica
piena e testa vuota – in attesa
d’imbonire i passanti, di sbrogliare
l’equivoco.

Mi dibatto come pesce sul fasciame,
pronta a sviscerare.

Ma taccio.

In fondo, la lingua è
una fetta di carne, capace
di muovere il silenzio
a tracciare segni …

che sono parole.

 
 

Copyright © 2013 Lorella De Bon

 
 
 

 
 
 

POESIE DI GUIDO

 
 
 

GIOVANE ACQUA, ANTICA ROCCIA

Io sono una vecchia roccia,
impervia quasi a tutto,
che né gelo né uragani,
né sole né terremoti
di lunghe ere geologiche
hanno saputo far tremare,
né scheggiare più di tanto.

Ma tu, giovane acqua,
anche se magari benedetta,
ogni volta tu – stillicidio
delizioso ma inesorabile –
riesci a penetrarmi perfino
nelle crepe più profonde,
forse quasi microscopiche,
che solo sai raggiungere tu.

Non spreco altre parole,
ripetitive, inutili, per spiegarti
l’effetto – unico e inarrestabile,
prezioso, stupendamente atipico –
di questo esoagente ormai…

endogeno.

 
 
 

PER NON ESSERE

CONTROPRODUCENTE

Forse hai ragione tu:
troppe parole, troppe,
sono già state (già!)
più volte dette e scritte,
ripetute e riutilizzate,
mietute e riseminate.

Forse ho capito e forse
non è troppo tardi per
provare a rimediare,
facendola più corta:
dicendo che ti amo –
punto e basta.

 
 
 

TRONO USURPATO

Un paesaggio di abeti
che danno sul Piave
(quassù un torrentello)
e il sole colora a metà
tutti i monti dintorno.

Perché questi non sono
i miei posti. Né i tuoi.

Nell’aria gelata, a fatica,
si levano note di vecchi
clarini prestati. La neve
tradisce passaggi di
piccole cose viventi.
Nel silenzio il tamburo
è il mio trepido cuore.

In questo suo regno, oramai,
se c’è una regina, sei tu.

 
 
 

In silenzio io
attendo tulipani,
ora dormienti.

(haiku)

 
 

Copyright © 2013 Guido Comin

 
 
 
 
 

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